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Le origini della pasta
La pasta ha origini antichissime, basta pensare che la si conosceva già ai tempi della Magna Grecia (Sud Italia) e dell’Etruria (Italia centro-occidentale), dove veniva chiamata in altri modi. La pasta, infatti, era conosciuta con il termine greco làganon o quello etrusco, magnogreco e italico makària (cibo beato). Il vocabolo latino pasta deriva dal termine păsta col significato di “farina con salsa o condimento”, dal verbo pássein, cioè impastare. Questo termine comincia a essere utilizzato in Italia a partire dall’anno 1051 anche se, a cercare le origini della pasta, si può tornare indietro a quando l’uomo cominciò la coltivazione dei cereali, in seguito imparò a macinarli, impastarli con acqua, cuocerli e lasciarli seccare al sole, per poterli conservare a lungo. La pasta, in antichità, era un cibo diffuso in varie zone del bacino del Mediterraneo e dell’estremo Oriente, nelle sue molteplici varianti locali, molte delle quali scomparse o non evolutesi. La più importante novità per la pasta fu l’invenzione italiana di un nuovo metodo di cottura e di nuovi formati. Il sistema della bollitura sostituì il passaggio al forno. In Italia le prime paste forate sono riconducibili soprattutto al Centro-Sud come: rigatoni, penne e bucatini, e quelle ripiene, maggiormente al Centro-Nord, come: tortellini, ravioli e agnolotti, seguiti sempre al Nord dall’avvento della pasta fresca all’uovo; mentre l’importante invenzione della pasta secca a lunga conservazione è attribuita storicamente agli abitanti della Sicilia medievale. Al Sud Italia nacquero le prime botteghe artigiane per la produzione della pasta.
Il consumo di pasta in Italia
Oggi la pasta è cultura e tradizione, nonché, parte integrante della vita di tutti gli italiani.
In Italia la pasta secca costituisce i tre quarti dei consumi totali ed è ottenuta tramite l’unica e particolare tecnica italiana della estrusione attraverso filiere al bronzo, dalla laminazione e conseguente essiccamento di impasti preparati esclusivamente con semola o semolato di grano duro. L’altro quarto dei consumi è rappresentato dalla pasta fresca, che, oltre a un più elevato livello di umidità e di acidità, è previsto anche l’impiego occasionale del grano tenero e la sfogliatura dell’impasto in alternativa alla trafilazione.
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